Nella vita di ognuno esistono momenti — quando la porta sbattuta all'improvviso e senza alcun visibile motivo di colpo si riapre, quando lo spioncino chiuso un attimo fa viene di nuovo aperto, quando un brusco "no" che sembrava irrevocabile si muta in "forse" —, momenti in cui il mondo intorno a noi si trasfigura, e noi stessi ci riempiamo di speranza come di nuovo sangue. E stata concessa una proroga a qualcosa di ineluttabile, definitivo; il verdetto del giudice, del dottore, del console, è stato rinviato. Una voce ci avverte che non tutto è perduto. E con gambe tremanti e lacrime di gratitudine passiamo nel locale adiacente, dove ci pregano di "aspettare un poco" prima di spingerci nel baratro.
Così accadde anche a me quella sera, quando accanto a Ejnar facevo la fila aspettando l'autobus che avrebbe portato all'aeroporto Le Bourget i passeggeri in partenza per Stoccolma. Lui partiva, io restavo. Tra la folla, nel buio crocevia parigino (era il 2 settembre 1939), alle nove di sera, non c'erano altri accompagnatori oltre me — li avevano fatti restare tutti nella sala con le nere tende già tirate.
NINA BERBEROVA
Il giunco mormorante 1988
... a te.
RispondiEliminaMi hai messo curiosità su questo libro.
della berberova ho appena letto Il lacchè e la puttana
RispondiEliminabacibà