[...] Non è questa prima giornata di avvertibile autunno (la puma giornata di freddo non fresco che veste l'estate morta di minore luce) che mi dà, in una trasparenza straniata, una sensazione di proposito morto o di falsa volontà. Eppure non c'è, in questo interludio di cose perdute, una traccia incerta di memoria inutile. E, più dolorosamente, un tedio di stare rammentando ciò che non si ricorda, uno scoraggiamento di ciò che la coscienza ha perso fra alghe o giunchi, in riva a non so che cosa.
Vedo che la giornata, limpida e immobile, ha un cielo positivo, di un azzurro meno chiaro dell'azzurro profondo. Vedo che il sole, leggermente meno dorato di prima, infiamma di riflessi umidi i muri e le finestre. Mi rendo conto che, nonostante non ci sia vento, o brezza che lo ricordi e lo neghi, nella città indefinita dorme tuttavia una frescura sveglia. Mi rendo conto di tutto ciò, senza pensare o volere, e non ho sonno se non come ricordo, e non ho nostalgia se non come inquietudine.
FERNANDO PESSOA
Il libro dell'inquietudine, 1982 (post.)
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