mercoledì 30 novembre 2005
In questo novembre
ossequioso ai morti
l'unico rumore di vita
nel progresso imposto
che usa carburante le anime
è il gesto di rovescio
di un bicchiere di vino
a disinfettare cicatrici
di graffi ostacolanti
di rospi ingoiati
nello stomaco
lago nero di occhi
due pietre di frantoio
che danno nettare di nervi
logori a ingiustizie
eterne e accresciute
all'oggi d'ogni cuor impavido
che muto freddo... s'adatta
(Michael Santhers - da:Vetriolo)
martedì 29 novembre 2005
II 29 novembre Kutuzov, entrò in Vilno, nella sua "buona Vilno" come egli la chiamava. Per due volte nella sua carriera kutuzov era stato governatore di Vilno. Nella ricca e intatta Vilno, oltre alle comodità della vita, di cui da tempo era stato privato, Kutuzov trovò vecchi amici e ricordi. E voltando di colpo le spalle a tutte le preoccupazioni militari e statali, si immerse in una vita tranquilla e uniforme, nella misura in cui lo lasciavano in pace le passioni che gli ribollivano intorno, come se tutto ciò che stava accadendo o sarebbe accaduto nel mondo della storia non lo toccasse minimamente.
LEV TOLSTOJ
Guerra e pace, 1863-69
lunedì 28 novembre 2005
Enrico è partito il 28 novembre 1909, imbarcandosi a Trieste per l'Argentina, senza avvisare quasi nessuno e dicendo alla madre che gli serviva un po' di denaro per un viaggio in Grecia, per coronare gli studi di filologia classica compiuti a Innsbruck e a Graz. Anche dopo la morte ormai lontana del padre, la sua famiglia, grazie ad alcuni mulini nel goriziano, aveva mantenuto una modesta agiatezza, e del resto i soldi erano l'unico viatico che sua madre fosse in grado di dargli.
Sua madre preferisce suo fratello, solo perché è più piccolo. Ma per entrambi, e anche per la sorella, è difficile baciare quel viso più agro che materno; c'è un mistero doloroso in quella piega dura sulla bocca, come in ogni cuore che ha difficoltà ad amare. E un'acre pena senza compassione, ma lì sul ponte, guardando la scia che si perde subito inghiottita dalla notte, Enrico decide di non pensare mai più a quel viso, al reciproco debito insoluto e ai disguidi che li hanno inceppati l'un l'altra. Quel pensiero si perde fra gli alberi della nave e le tenebre, si perde proprio per sempre, è strano com'è facile liberarsene senza ferita [...].
CLAUDIO MAGRIS Un altro mare, 1991
per vedermi
come tu mi vedi
Vorrei il tuo cuore
per amarmi
come tu mi ami
Io non mi conosco
tu
mi hai fatto conoscere
Mi hai raccolto
ch'ero sfinito
Le tue mani
le tue labbra
il tuo sguardo
medicina alle mie ferite
m'hanno dato le ali
Con te vorrei volare
alla ricerca
del limite dell'orizzonte
domenica 27 novembre 2005
sabato 26 novembre 2005
Destarmi accanto a te, nella prima
luce, e vederti dormire,
così bianca, così fragile e fina
da sentirmi volontà di morire.
Baciare le tue palpebre molli,
bianche farfalle che volano via,
scoprendo due fiori divini
di nerazzurra malinconia.
Baciare il tuo viso mattutino
ancora bagnato di sonno,
il tuo viso esiguo di bambino,
tutto bianco e tenero e biondo.
Baciare su le tue labbra il profumo
della tua profonda primavera,
e tutta respirarti, con l’oscuro
mio cuore, bianca anima leggera.
Diego Valeri
martedì, 26.11
Idee un po' più chiare dopoché a Kirchheim ho comprato una carta Shell. Nella notte una bella bufera, la mattina neve dappertutto, sfrangiata, che si scioglieva. Pioggia, tormenta sono ancora gli ordini minori. La baracca con-teneva, a guardar bene, correggiato e rastrello per fieno, appesi alle pareti, per fare il rustico, e anche dei bastoni da passeggio con applicate delle placchette, rastrelli in croce, e un foglio di calendario con Playmate del mese di settembre. Sopra la finestra foto degli abitanti, fatte all'automatico, mi ricordano molto gente come Zef e Schinkel. L'uomo del distributore mi guardava con un'aria così irreale che io mi sono precipitato alla toilette per convincermi davanti allo specchio che ho ancora un aspetto umano. Ma sì, adesso mi faccio trascinare dalla bufera intorno al distributore fintantoché non mi spuntano le ali. Questa notte sarò re nella prossima casa violata; sarà la mia fortezza. Una sveglia da cucina, una volta messa in moto, annuncia in grande stile l'Ultima Fine. Il vento di fuori fruga il bosco. Questa mattina la notte era sospinta, come un'annegata, da fredde onde grigie.
WERNER HERZOG
Sentieri nel ghiaccio, 1978
venerdì 25 novembre 2005
Lasciando tutti tristi per la canzone d'amore che ha scritto
trova la luce giusta nella strada
qualche passo fuori dall'ombra
dice qualcosa del tipo "Tu ed io, piccola, che ne dici?"
Giulietta dice "oh, sei Romeo, per poco non mi fai venire un infarto"
lui è sotto la finestra
lei sta cantando "il mio ragazzo è tornato"
Non dovresti gironzolare qui
cantando ad alta voce alle persone
in questo modo
comunque che ci vuoi fare?
Giulietta, i dadi sono stati truccati dall'inizio
io ho scommesso e tu sei esplosa nel mio petto
e io dimentico, dimentico la canzone del film
Quando ti renderai conto che fu solo il momento ad essere sbagliato?
Arrivati da strade diverse
furono entrambe strade di vergogna
entrambe sporche, entrambe meschine
e il sogno era lo stesso
ho sognato il tuo sogno per te
e adesso il sogno è realtà
Come puoi guardarmi se io sono stato soltanto un altro dei tuoi giochi?
Quando puoi incapricciarti di catene d'argento, puoi incapricciarti anche per catene d'oro
puoi innamorarti di un bello straniero e delle promesse che ha fatto
Mi hai promesso tutto
mi hai promesso mari e monti
Adesso dici solo "Oh Romeo"
sai che litigavo spesso con lui
Giulietta, quando facevam,o l'amore tu piangevi
Dicevi, "ti amo come le stelle nel cielo
ti amerò fino alla morte"
c'è un posto per noi
conosci la canzone del film
quando capirai che fu solo il momento ad essere sbagliato
non posso non posso parlare come quelli che parlano in tv
e non posso fare uina canzone d'amore nel modo in cui dovrebbe essere
non posso fare tutto, ma farei qualsiasi cosa per te
non so fare niente se non amarti
tutto ciò che faccio è sentire la tua mancanza e del modo in cui stavamo insieme
tutto ciò che faccio è tenere il ritmo e le cattive compagnie
tutto ciò che faccio è baciarti attraverso i versi di una poesia
Giulietta farei scintille con te ogni volta
Giulietta, quando facevam,o l'amore tu piangevi
Dicevi, "ti amo come le stelle nel cielo. Ti amerò fino alla morte"
c'è un posto per noi, conosci la canzone del film
quando capirai che fu solo il momento ad essere sbagliato?
Un Romeo pazzo d'amore canta una serenata dalla strada
Lasciando tutti tristi per la canzone d'amore che ha scritto
trova la luce giusta nella strada
qualche passo fuori dall'ombra
dice qualcosa del tipo "Tu ed io, piccola, che ne dici?"
Dire Straits - Romeo And Juliet
illustazione tratta dal sito di Giorgio Espen - Verona
Ogni incrostata conchiglia che sta
In quella grotta in cui ci siamo amati
Ha la sua propria particolarità.
Una dell'anima nostra ha la porpora
Che ha succhiato nel sangue ai nostri cuori
Quando io brucio e tu a quel fuoco ardi;
Un'altra imita te nei tuoi languori
E nei pallori tuoi di quando, stanca,
Ce l'hai con me perché ho gli occhi beffardi.
Questa fa specchio a come in te s'avvolge
La grazia del tuo orecchio, un'altra invece
Alla tenera e corta nuca rosa;
Ma una sola, fra tutte, mi sconvolge.
P. Verlaine
giovedì 24 novembre 2005
Uomo libero, sempre tu amerai il mare! Il mare è il tuo specchio; tu miri, nello svolgersi infinito delle sue onde, la tua anima. Il tuo spirito non è abisso meno amaro.
Ti compiaci a tuffarti entro la tua propria immagine; tu l'abbracci con gli occhi e con le braccia, e il tuo cuore si distrae alle volte dal suo battito al rumore di questo lamento indomabile e selvaggio.
Siete entrambi a un tempo tenebrosi e discreti: uomo, nessuno ha mai misurato la profondità dei tuoi abissi; mare, nessuno conosce le tue ricchezze segrete, tanto siete gelosi di conservare il vostro mistero.
E tuttavia sono innumerevoli secoli che vi combattete senza pietà né rimorsi, talmente amate la carneficina e la morte, eterni lottatori, fratelli
mercoledì 23 novembre 2005
(Pablo Neruda)
martedì 22 novembre 2005
Dormo… e ti sogno…
Siamo in un bosco.
Piove a dirotto e tu sei felice, a te piace la pioggia.
Siamo fradici, mi avvicino per abbracciarti ma tu scappi.
Sparisci tra gli alberi e io cerco di inseguirti.
Sento la tua voce ma non ti vedo.
Cerco di capire da dove parli.
Poi appeso ad un ramo vedo il tuo vestito.
Che matta penso, mentre la tua voce mi chiama.
Il bosco è sempre più fitto.
I rami mi colpiscono il volto, e tu mi chiami.
All’improvviso non ci vedo più, qualcosa mi copre il volto.
Mi libero velocemente e con sorpresa mi trovo il tuo reggiseno tra le mani.
Ormai capisco che stai giocando.
Sento la tua voce dietro di me, ma non ci sei.
Mi chiami dall’alto, alzo la testa e vedo il tuo perizoma sventolare allegramente.
Adesso è buio vedo solo la sagoma dei rami e la pioggia che continua incessante.
Non ti vedo, non sento più la tua voce.
Rimango immobile non so come trovarti.
All’improvviso sento il tuo profumo, sei dietro di me.
Mi cingi da dietro e la tua mano scivola dentro i miei pantaloni.
Vorrei che continuassi, ma voglio vederti, mi volto per baciarti…
AAAAHHHHH Non sei tu… Un mostro orribile, aiuto!!!
Mi sveglio completamente sudato….
I cieli sono uguali.
Azzurri, grigi, neri,
si ripetono sopra
l'arancio o la pietra:
guardarli ci avvicina.
Annullano le stelle,
tanto sono lontane,
le distanze del mondo.
Se noi vogliamo unirci,
non guardare mai avanti:
tutto pieno di abissi,
di date e di leghe.
Abbandonati e galleggia
sopra il mare o sull'erba,
immobile, il viso al cielo.
Ti sentirai calare
lenta, verso l'alto,
nella vita dell'aria.
E ci incontreremo
oltre le differenze
invincibili, sabbie,
rocce, anni, ormai soli,
nuotatori celesti,
naufraghi dei cieli.
Pedro Salinas
lunedì 21 novembre 2005
Amber Smith, Milano 1991
dal precoce inchinarsi della notte -
Il pomeriggio nella sera fonda
stinse le gocce del suo giallo effimero -
il passo di marcia cessarono i venti
sicchè le foglie ottennero la tregua -
novembre appese il suo cappello di granito
ad un chiodo di felpa -
E. Dickinson
domenica 20 novembre 2005
inizia dalle tue labbra
quando le lingue
si cercano avidamente
Poi continua sul tuo collo
provocando dei brividi di piacere
Il bacio piu bello
gioca coi tuoi capezzoli
che indurendosi ricambiano
poi continua su tutto il tuo corpo
pelle bianca e vellutata.
Il bacio piu bello
finisce sulle tue seconde labbra
per setire il tuo sapore
sapore di donna
by Franco61
Io, Amy Curtis March, essendo in piena coscienza delle mie facoltà mentali, lascio e delego tutta la mia proprietà terrestre divisa in questo modo:
[...]
Desidero che la mia compagna favorita Kitty Bryant abbia il grembiulino di seta celeste e l'anellino d'oro con un bacio affettuoso.
Ad Anna lascio la scatola che ha sempre desiderato e tutti i miei rammendi sperando che: Di me si ricorderà quando quello vedrà.
E adesso, avendo disposto della mia proprietà, spero che tutti saranno contenti e non biasimeranno i morti. Perdono a tutti e spero che quando suonerà la tromba ci rivedremo tutti. Amen.
E questo testamento io firmo oggi, 20 novembre, Anno Domini 1861.
LOUISA MAY ALCOTT
Piccole donne, 1868-69
Katharine Hepburn in Piccole donne (Little Women, 1933)
sabato 19 novembre 2005
Sangue… sento assolutamente il bisogno di sangue… devo bere del sangue
Perché sono diventato così? Lo so il perché… la mia stupidità, stupidità maschile.
Quel venerdì sera lo ricordo come se fosse adesso.
D’estate il fine settimana lo passo nella casetta che ho fuori città, dentro un bosco, così mi godo un po’ di fresco, ma quel venerdì notte iniziò a piovere.
La pioggia si trasformò in un violento temporale, come accade spesso ad agosto.
Il vetro si appannava col mio fiato, mentre lo pulisco per l’ennesima volta con la mano… vedo una cosa che si muove tra gli alberi, aspetto il prossimo lampo per essere sicuro di aver visto bene.
Ho visto bene, una figura umana, sembra una donna, vestita solo con una camicia da notte bianca e avanzava barcollando verso la mia casa.
Presi un ombrello e uscii di corsa per aiutarla.
La raggiunsi, era pallidissima, pareva stremata, era fradicia, la camicia da notte aderiva sul suo corpo e io non potei fare a meno di notare le sue forme..
Come avvertì la mia presenza mi guardo stralunata e cadde svenuta per terra.
Mollai l’ombrello e la presi in braccio per portarla il più presto possibile dentro casa.
Le asciugai il viso e i capelli, asciugai pure un rigolo di sangue che usciva dal bordo della bocca, e comunque il suo respiro pareva regolare.
Mi sedetti di fronte a lei aspettando che si svegliasse.
Invece fui io ad addormentarmi.
Mi svegliai di soprassalto e vidi che la ragazza non era più nel divano.
Quanto tempo sarà passato?
Controllai tutta la casa, la trovai nella mia camera, sul mio letto addormentata.
Mi avvicinai per coprirla, ma lei si svegliò.
“Grazie per avermi ospitato” mi disse
“Non chiedermi cosa mi sia successo perché non ricordo nulla”
Io stavo in silenzio e la guardavo.
Mi piaceva la sua naturalezza nel parlarmi senza aver vergogna della sua nudità.
“Avvicinati, perché non mi fai compagnia?”
Ero come se fossi stato ipnotizzato, tutto quello che facevo lo facevo come se fossi obbligato a farlo.
Mi sedetti accanto, lei si avvicinò e cominciò a baciarmi.
“E’ l’unico modo che ho per ringraziarti…” Mi sussurrò all’orecchio
Cominciò a togliermi i vestiti.
Ero eccitatissimo, ma era un’atmosfera strana… Lei era fredda, ma non ci badai sul momento.
Mi spogliò completamente e io mi sdraiai accanto a lei.
Continuò a baciarmi ed accarezzarmi.
Ti voglio! Mi diceva.
Mi portai sopra di lei, le allargai le gambe per penetrarla.
Era strano, non era eccitata e feci più fatica a entrare dentro di lei.
Lei continuava a baciarmi.
Fu un bellissimo amplesso e quando raggiunsi il massimo del piacere e lei mi baciava, sentii un calore fortissimo sul collo, come se mi stessero conficcando una lama.
Il piacere che provavo era però maggiore del dolore e così continuai a possederla…
Mi svegliai di soprassalto, ero ancora nudo, lei era sparita.
Mi portai la mano sul collo, dove sentivo un dolore fortissimo. La mano si sporcò di sangue.
Corsi in bagno, due fori, un morso….
Sangue… sento assolutamente il bisogno di sangue… devo bere del sangue
venerdì 18 novembre 2005
Ingrid, St. Barth 1992
Mani forti e delicate
che plasmano
le morbidezze del corpo sensibile,
proteso indecentemente,
svergognato e vinto.
Punta di lingua vellutata
che delinea
i profili della pelle increspata,
offerta spudoratamente,
succube e vibrante.
Sfiorarsi appena nell'oscurità,
per morire di piacere.
(Luiselle)
giovedì 17 novembre 2005
La maschera e lo specchio II, 1989
Sentimenti visibili
vicinanza leggera
chioma di carezze.
Senza ombre nè dubbi
dai gli occhi a quel che vedono
visti da quel che guardano.
Fiducia di cristallo
tra due specchi
ti si perdono gli occhi nella notte
per unire desiderio e risveglio.
Paul Eluard
mercoledì 16 novembre 2005
L'abito bianco
Il sottile piacere
|
Alla mattina dei 16 novembre, Useppe ebbe il primo, grave accesso della malattia che lo minava. Dopo il suo piccolo dialogo rassicurante con la madre (era circa l'una e mezza) il bambino, ripreso sonno, aveva dormito tranquillo il resto della notte. E dormiva ancora quando, di mattina presto, Ida si alzò e passò a preparare il caffè in cucina. Fu qui, mentre accendeva i fornelli, che essa inaspettatamente se lo vide comparire davanti, nel suo pigiamino da notte di fustagno, a piedi nudi e con una espressione attonita; le gettò appena un'occhiata interrogativa (o così le parve) ma subito di corsa tornò indietro. E lei stava per richiamarlo, quando le arrivò, dalla stanza da letto, un urlo di orrore e devastazione inaudita, che non assomigliava a nessuna voce umana: tale da lasciarla paralizzata per qualche istante, a chiedersi da dove uscisse quella voce.
ELSA MORANTE
martedì 15 novembre 2005
anche se in mezzo si stende il tramonto-
ne stimare vicino ciò che standoti a fianco
è più lontano del sole
Emily Dickinson
lunedì 14 novembre 2005
Il quindici novembre, alle sei di sera, partì per Algeri, sul Charlemagne, insieme al cognato. Fuori, onde grigiastre su un cielo grigiastro: lunghe notti oscure malgrado le stelle, giornate smorte malgrado un sole vivo, un orizzonte confuso; isole fuggivano nella nebbia. Uccelli venivano a visitarli, come sentinelle insulari incaricate di sapere chi erano: altri, come emigranti freddolosi, fuggivano l'inverno e li superavano con la leggerezza delle ali. La seconda sera, un pettirosso, il più fragile tra gli uccelli, entrò nell'oblò rimasto aperto di Clementina. Era sfinito dalla stanchezza.
PIETRO CITATI
Storia prima felice, poi dolentissima e funesta, 1989
La studentessa
-David Herbert Lawrence
Ora io sono tutto
Una tazza di baci,
Come le alte
Snelle vestali
D'Egitto, ricolme
dei divini eccessi.
A te alzo
La mia coppa di baci
e per i recessi
Azzurri del tempio,
Verso te grido
Tra sfrenate carezze.
Dal lucido contorno
Cremisi delle mie labbra
Si libera la passione
Giù per l'agile corpo
Bianco stilla
L'inno commovente.
E immobile
Davanti all'altare
Elevo il calice
Colmo, gridandoti
di genufletterti
e bere, Altissima.
Ah, bevimi, su,
Che possa esser io
entro la tua coppa
Come un mistero,
Quello del vino calmo
In estasi.
Luccicando immoti,
In estasi
I vini di me
E di te mescolati
In uno còmpiano
il mistero.
domenica 13 novembre 2005
Un sogno
Edgar Allan Poe
In visioni di notturna tenebra
spesso ho sognato svanite gioie -
mentre un sogno, da sveglio, di vita e di luce
m'ha lasciato col cuore implacato.
Ah, che cosa non è sogno in chiaro giorno
per colui il cui sguardo si posa
su quanto a lui è d'intorno con un raggio
che, a ritroso, si volge al tempo che non è più?
Quel sogno beato - quel sogno beato,
mentre il mondo intero m'era avverso,
m'ha rallegrato come un raggio cortese
che sa guidare un animo scontroso.
E benchè quella luce in tempestose notti
così tremolasse di lontano -
che mai può aversi di più splendente e puro
nella diurna stella del Vero?
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Ecco cosa vedo oggi dalla mia finestra...
Temporale
Giovanni Pascoli
È mezzodì. Rintomba.
Tacciono le cicale
nelle stridule seccie.
E chiaro un tuon rimbomba
dopo uno stanco, uguale,
rotolare di breccie.
Rondini ad ali aperte
fanno echeggiar la loggia
de' lor piccoli scoppi.
Già, dopo l'afa inerte,
fanno rumor di pioggia
le fogline dei pioppi.
Un tuon sgretola l'aria.
Sembra venuto sera.
Picchia ogni anta su l'anta.
Serrano. Solitaria
s'ode una capinera,
là, che canta... che canta...
E l'acqua cade, a grosse
goccie, poi giù a torrenti,
sopra i fumidi campi.
S'è sfatto il cielo: a scosse
v'entrano urlando i venti
e vi sbisciano i lampi.
Cresce in un gran sussulto
l'acqua, dopo ogni rotto
schianto ch'aspro diroccia;
mentre, col suo singulto
trepido, passa sotto
l'acquazzone una chioccia.
Appena tace il tuono,
che quando al fin già pare,
fa tremare ogni vetro,
tra il vento e l'acqua, buono,
s'ode quel croccolare
co' suoi pigolìi dietro.