Così giovedì sedici di giugno, seppellito Patk. Dignam, per colpo apoplettico e dopo gran siccità, Dio piacendo, piovve, un battelliere giunto per via d'acqua da circa cinquanta miglia di distanza con un carico di torba diceva che il seme non buttava, la terra era sitibonda, di brutto colore e putiva fieramente, anche i paduli e le lande. Difficile tirare il fiato e i polloni giovani tutti consunti senza una goccia per tanto tempo che nessuno aveva memoria d'una simile mancanza. I boccioli color di rosa tutti abbruniti e aggrumati e sulle colline niente altro che giunchi e ramoscelli secchi pronti ad accendersi al primo foco. A tutti dicevano che, per quel che ne giudicavano, il grande vento del febbraio d'or è un anno che sconvolse la contrada in modo sì miserevole era piccola cosa appetto a questa siccità. Ma grado a grado, come sopra detto, questa sera dopo il calar del sole, tirando il vento da ponente, nuvole rigonfie grandicce furon viste in cielo sul far della notte e gli strologhi a studiarle e qualche lampo riflesso prima e quindi, dopo le ore dieci un gran colpo con tuono prolungato e in un batter di baleno via tutti a scapicollo al coperto per l'acquazzone furibondo, gli uomini facendo riparo ai cappelli di paglia con stracci o fazzoletti, le femmine saltellando con le gonne tirate su appena venne il rovescio.
JAMES JOYCE
Ulisse, 1922
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