lunedì 1 maggio 2006

IL SESSO AI TEMPI DI ULISSE

Questa intestazione bizzarra è il titolo di un paragrafo di un libretto scritto da Jacopo Fo.
Il libro che ha un titolo altrettanto bizzarro è "Lo zen e l'arte di scopare".
Queste righe le ho trovate interessenti e con delle considerazioni molto giuste, secondo me.
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate voi, mi sembra uno spunto non male per una discussione.



Noi siamo abituati a considerare la nostra situazione 
passionale come propria del genere umano in tutte le epoche,
ma non è assolutamente così. L'amore romantico è una
cosa moderna come la lavastoviglie e il telefono.
Nell'Iliade e nell'Odissea, ad esempio, non troviamo
una sola parola dell'amore come innamoramento.
Troviamo la seduzione, il tradimento, il desiderio,
ma non c'è "l'amore romantico".
Penelope è una donna fedele in modo eroico al suo Ulisse,
ma non è innamorata cotta: è diverso. Penelope è fedele,
perché è questo il suo ruolo sociale di moglie, il suo onore.
Così come Ettore va alla morte per seguire il suo
senso dell'onore.
Le società primitive non hanno nessuna considerazione
dell'individuo come singolo, con i suoi dubbi,
le sue emozioni, le sue lacerazioni.
Perché l'umanità inizi a narrare di uomini e donne che
agiscono sotto la spinta dei loro impulsi personali,
dobbiamo aspettare Shakespeare che inventa l'amore
romantico tra Romeo e Giulietta e canta il loro sentimento
che rende meraviglioso il canto degli uccelli.
Non voglio dire che prima di allora nessuno si fosse
innamorato, voglio dire che l'innamoramento era sconosciuto
come "luogo culturale" all'interno della società,
così come oggi resta sconosciuto l'interludio tra il
colpo di fulmine e la crisi sentimentale.
Gran parte delle nostre difficoltà nelle convivenze
amorose derivano dal fatto che si tratta di un problema nuovo,
del quale i nostri avi non si sono mai seriamente occupati.
Questo problema non esisteva proprio, nel passato, in quanto
la funzione del matrimonio non è mai stata, assolutamente,
quella della ricerca e della crescita del piacere reciproco.
Lo scopo del matrimonio era economico e sociale, la vita di
coppia era il primo livello dell'organizzazione del lavoro.
L'uomo si specializzò nella produzione di beni, la donna si
specializzò nella produzione di servizi. In questo modo
l'umanità aumentò enormemente la sua efficienza produttiva.
La questione del piacere nella vita di coppia è la figlia
postbellica del tempo libero, delle 8 ore lavorative,
della meccanizzazione del lavoro e dei week-end.
Quando la gente lavorava 12 ore al giorno e faceva tutto
con la forza muscolare, la sera era così stanca che
l'unico piacere era mangiare e dormire. Al massimo una sveltina.
Non c'erano proprio né tempo né energie per chiedersi
se quello era amore vero. L'idea del divorzio era una cosa da ricchi.
Solo recentemente si è sviluppata l'idea di
"cercare qualcuno col quale vivere felici".
Beh... cosa ci impedisce di trovare una soluzione?
Sostanzialmente niente, se il vostro rapporto crescerà
e ve la spasserete non ci sarà nessuna Inquisizione che
vi perseguiterà, né vi accuseranno di stregoneria.
Al massimo vi invidieranno.


7 commenti:

  1. Ragionamenti interessanti non trovi? Io si... mi fa sorridere, ed ha anche ragione...

    bacione

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  2. devo averlo letto, ma temo di averlo rimosso

    bacibà

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  3. ho visto e letto qualcosa di questo libro in libreria, e mi ha divertito, ma nn ho avuto il "coraggio" di comprarmelo e leggermelo tutto :D



    buona serata ;)

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  4. ciao franco, lo leggero' questo libro...

    grazie per i complimenti alla foto ;)

    un bacio

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  5. Trovo interessanti le osservazioni di Iacopo Fo e, in parte, le condivido, anche se penso che il piacere fine a se stesso non dia la gioia, ma anzi renda più acuto il senso di vuoto, dopo l'acquietarsi dei sensi.

    Un abbraccio

    Silvana

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  6. dovremo rubare anche la tua nuova identità.... mi sa!

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  7. Molto interessante.

    Un bacio

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