mercoledì 31 agosto 2005

La mattina del primo settembre Rossella si svegliò con una soffocante  sensazione di terrore, un terrore che la sera prima aveva dimenticato nel sonno. Ancora assonnata pensò: "Di che cosa ero tanto preoccupata ieri sera? Ah sì, della battaglia. Stavano combattendo, ieri. Chi avrà vinto?". Si drizzò a sedere in fretta, strofinandosi gli occhi; e il suo cuore turbato sentì nuovamente tutto il peso che lo angosciava il giorno prima.
L'aria era opprimente anche in quell'ora mattutina, calda della promessa di un meriggio infocato. La strada era silenziosa. Nessun carro cigolava, nessun soldato sollevava col suo calpestio la polvere rossa. Nessuna pigra voce di schiavo dalle cucine del vicinato, nessun rumore piacevole di preparativi per la colazione, perché tutti i vicini, eccetto le signore Meade e Merriwether, si erano rifugiati a Macon. [...1 Mentre guardava dalla finestra, giunse alle sue orecchie un suono distante, debole come il brontolio di un temporale lontano.
"Pioggia" pensò in un primo momento; e il suo spirito campagnolo aggiunse: "Ne abbiamo proprio bisogno". Ma dopo un attimo: "Pioggia? Ma no! E il cannone!".


MARGARET MITCHELL Via col vento, 1936




L'attrice Vivien Leigh, la Rossella cinematografica

Canzone dell'amante

William Butler  Yeats



L'uccello sospira per desiderio d'aria,
Il pensiero per non so qual luogo,
Per il grembo il seme sospira.
Ora scende un medesimo riposo
Sulla mente, sul nido,
Sulle cosce sforzate.



Sei la mia schiavitù sei la mia libertà
Nazim  Hikmet




Sei la mia schiavitù sei la mia libertà

sei la mia carne che brucia

come la nuda carne delle notti d'estate

sei la mia patria

tu, coi riflessi verdi dei tuoi occhi

tu, alta e vittoriosa

sei la mia nostalgia

di saperti inaccessibile

nel momento stesso

in cui ti afferro




Considerazioni...
Sento molto spesso chi si lamenta di opere d'arte di artisti italiani che però sono esposte in musei stranieri...
Avete mai provato a contare quanti capitelli egiziani ci sono nella sola Roma?




Sabato 31 agosto a una settimana dal ritorno di Jim a Wrightsville, Jim e Nora furono uniti in matrimonio dal reverendo Doolittle nella chiesa metodista. Carter Bradford fece da testimonio per Jim. Dopo la cerimonia si tenne un gran ricevimento nel parco di casa Wright.

Mentre la festa era nel pieno svolgimento, Jim e Nora se la svignarono per la porta di servizio. Ed Hotchkiss trasportò gli sposi alla stazione in tempo per prendere il direttissimo. Jim e Nora dovevano fare una breve sosta a New York e salpare il martedì per Rio. Il signor Queen, che si era ritirato in disparte, assistette alla partenza dei due fuggiaschi. Nora si aggrappava alla mano del marito. Jim aveva un'aria solenne e orgogliosa. Aiutò la sposa a salire in tassì con il gesto cauto di chi maneggia qualcosa di fragile.


ELLERY QUEEN

Il paese del maleficio, 1942


martedì 30 agosto 2005

Io ti chiesi

Hermann Hesse




Io ti chiesi perché i tuoi occhi
si soffermano nei miei
come una casta stella del cielo
in un oscuro flutto.

Mi hai guardato a lungo
come si saggia un bimbo con lo sguardo,
mi hai detto poi, con gentilezza:
ti voglio bene, perché sei tanto triste



lunedì 29 agosto 2005

OTTIMISTA. Siamo arrivati davanti al Ministero della Guerra. Oggi è una giornata piena di attese...


 Si vede uscire dal portone un gruppo di speculatori.


 UNO STRILLONE,. Edizione straordinaria... Il Weltblaaaatt!


 UN PROFUGO (che cammina in compagnia di un altro). Dia qua! (Strappa il giornale dalle mani dello strillone e legge) «Tutto bene! Ufficio Stampa Militare, 30 agosto, ore 10 e 30 antimeridiane. Oggi, domenica, la gigantesca battaglia pro-segue. L' atmosfera nel Quartier Generale è buona, perché tutto procede bene. Il tempo è magnifico. Kohlfiirst».


 SECONDO PROFUGO. Questo sì che dev'essere un generale in gamba. (Escono)


 KARL KRAUS
Gli ultimi giorni dell'umanità, 1922



Anima mia
Nazim  Hikmet



Anima mia
chiudi gli occhi
piano piano
e come s’affonda nell’acqua
immergiti nel sonno
nuda e vestita di bianco
il più bello dei sogni
ti accoglierà

anima mia
chiudi gli occhi
piano piano
abbandonati come nell’arco delle mie braccia
nel tuo sonno non dimenticarmi
chiudi gli occhi pian piano
i tuoi occhi marroni
dove brucia una fiamma verde
anima mia.








... così si difendono le statue dai "bombardamenti" dei piccioni....





Pietro la tira più dentro nel garage «Io ti sposo, sai» le dichiara (lo farà tra una licenza e l'altra, nel '42, e per raggiungerlo lei salirà e scenderà da un numero incredibile di treni nelle stazioni più disparate, in Grecia, in Albania, a Sebenico). Le mani le rialzano i capelli e reggono la sua testa come il calice del Santo Graal, Pia lo guarda e nella notte è in realtà bellissima, gli occhi e i capelli sembrano crepitare di luce propria, e mentre gli risponde la sua voce ha l'odore dell'erba e delle prugne, dell'edera lungo il muro. Una notte da ricordare per sempre. Per sempre il garage, l'edera, il giorno: 29 agosto 1939.


ROSETTA LOY
La ragazza venuta per l'estate, 1984



domenica 28 agosto 2005

Agosto
Federico Garcia Lorca

Controluce a un tramonto
di pesca e zucchero.
E il sole all'interno del vespro,
come il nocciolo in un frutto.
La pannocchia serba intatto
il suo riso giallo e duro.
Agosto.
I bambini mangiano
pane scuro e saporita luna.



Arrivò quindi a una barba di dieci giorni, caso del resto non infrequente nella sua bio-grafia, specchio di una vita impegnatissima e tutta dedita al bene, o per dir meglio al male, del prossimo.

Al decimo giorno, il 28 d'agosto, verso le undici della mattina, di ritorno appena dal suo primo giro di visite in bicicletta, toltisi i fermacalzoni e scossa un poco la polvere, il buon dottore stava proprio per non trovar motivo a rimandare ulteriormente una buona saponata, sviluppabile in vittorioso crescendo tra il mento e le orecchie, cui avrebbero fatto seguito a opera finita alcune ragionevoli striature color sangue disposte un po' in tutti i sensi in tutta la regione virile delle gote; e anche sotto il mento: e queste però tali da far pensare alla battaglia del Metauro.


CARLO EMILIO GADDA
La cognizione del dolore, 1963




sabato 27 agosto 2005


Amo in te
Nazim  Hikmet


Amo in te
l'avventura della nave che va verso il polo
amo in te
l'audacia dei giocatori delle grandi scoperte
amo in te le cose lontane
amo in te l'impossibile
entro nei tuoi occhi come in un bosco
pieno di sole
e sudato affamato infuriato
ho la passione del cacciatore
per mordere nella tua carne.

amo in te l'impossibile
ma non la disperazione.





Pietro Annigoni  "Studio di nudo"


Caro Mainardi - coraggio, l'estate sta per finire. Siamo al 27 e il gran caldo di questi giorni non è che lo spasimo culmine. Cinque, sei battute ancora di spasimo e vedrai che pioverà. S'impazzirebbe se no, credo.

E quasi sera a momenti; gli oblò della mia cabina sono entrambi spalancati, la porta pure, e nondimeno mi tocca scriverti in piedi appoggiato al marmo della specchiera perché a sedere incollerei. E non ho niente addosso. Sul balcone accanto c'è la signora Rosmunda, che si soffia, la sento lamentarsi col suo pappagallo, il quinioquinio, più che mai pensa d'essere una povera abbandonata. Tutta la città si soffia, mezzo mondo piglia gelati, l'altra metà dorme disteso sui cocomeri. E alla spiaggia è un brulichio.


ELIO VITTORINI

Il garofano rosso, 1933-1934





venerdì 26 agosto 2005

Ti guardo e il sole cresce

Paul Eluard




Ti guardo e il sole cresce
Presto ricoprirà la nostra giornata
Svegliati cuore e colori in mente
Per dissipare le pene della notte

Ti guardo tutto è spoglio
Fuori le barche hanno poca acqua
Bisogna dire tutto con poche parole
Il mare è freddo senza amore

E' l'inizio del mondo
Le onde culleranno il cielo
E tu vieni cullata dalle tue lenzuola
Tiri il sonno verso di te
Svegliati che io segua le tue tracce
Ho un corpo per attenderti per seguirti
Dalle porte dell'alba alle porte dell'ombra
Un corpo per passare la mia vita ad amarti

Un corpo per sognare al di fuori del tuo sonno






Federico Zandomeneghi  "A letto"

giovedì 25 agosto 2005

La Gran Vecchia morì di domenica, ventisei agosto del millenovecento, ultimo giorno d'una settimana ch'era tutta stata di ferocissimo sole. Invano gli uomini implorarono cantando in coro e sonando forte l'organo: il cielo era rimasto immobile, le sorgenti su perla montagna screpolata morivano e i fiori nei giardini stavan secchi come sotto le campane di vetro dei cassettoni. Si spaccavano le pietre dal caldo contro il ventre delle lucertole, gli uomini guardavano imbambolati la donna da lontano. Perché gli usignoli eran caduti morti dalla cima dei lecci le cicale stridevano anche la notte.


Il giorno che morì la Gran Vecchia, la luce tesa nel cielo per il gran sforzo s'era fatta bigia verso il vespero e purpurea un istante, poi nera tutt'a un tratto appena caduto il sole: questa fu l'ora che cominciò quella morte, sotto poche stelle pesanti.


MASSIMO BONTEMPELLI
Gente nel tempo, 1937



Quello che porto al collo .....



Sotto la luce spietata mi riconobbi. Di spalle sul piccolo letto di ferro. più vecchio, dimagrito e molto pallido, c'ero io, gli occhi perduti sulle alte modanature di gesso. Mi giunse la voce. Non era precisamente la mia; era quella che sento solitamente nelle mie incisioni; ingrata e priva di sfumature.


«Che strano» diceva, «siamo due e siamo la stessa persona. Ma nulla è strano nei sogni.»


Chiesi sgomento: «Allora, tutto questo è un sogno?».


«È, ne sono certo, il mio ultimo sogno.» Con la mano mostrò il flacone vuoto sul marmo del comodino.


«Tu avrai molto da sognare, però, prima di giungere a questa notte. In che data sei?»


«Non saprei con precisione» gli dissi confuso. «Ma ieri ho compiuto sessantun anni.»


<Quando la tua veglia arriverà a questa notte, ne avrai compiuti ieri ottantaquattro. Oggi è il 25 agosto 1983.»


Tanti anni bisognerà aspettare» mormorai.


JORGE LUIS BORGES
25 agosto 1983, 1977



mercoledì 24 agosto 2005

Ecco ancora una finestra

Marina Ivanovna Cvetaeva




Ecco ancora una finestra,

dove ancora non dormono.

Forse - bevono vino,

forse - siedono così.

O semplicemente - le due

mani non staccano.

In ogni casa, amico,

c'è una finestra così.



Non candele o lampade hanno acceso il buio:

ma gli occhi insonni!



Grido di distacchi e d'incontri:

tu, finestra nella notte!

Forse, centinaia di candele,

forse, tre candele...

Non c'è, non c'è per la mia

mente quiete.

Anche nella mia casa

è entrata una cosa come questa.



Prega, amico, per la casa insonne,

per la finestra con la luce.




martedì 23 agosto 2005

Ma in quale epoca della vita di Pompei era stato trasportato?: Un'iscrizione edile scolpita su un muro gli fece capire, dal nome dei personaggi pubblici, che si era all'inizio del regno di Tito, cioè nell'anno 79 della nostra era. Un pensiero improvviso attraversò la mente di Octavien: la donna di cui aveva ammirato l'impronta al museo di Napoli doveva essere viva perché l'eruzione del Vesuvio nella quale era morta era avvenuta il 24 agosto di quell'anno. Poteva dunque ritrovarla, vederla, parlarle... Il desiderio folle che aveva provato vedendo quella cenere modellata su forme divine poteva essere soddisfatto, perché nulla doveva essere impossibile a un amore che aveva avuto la forza di far tornare indietro il tempo e di far passare due volte la stessa ora nella clessidra dell'eternità.


THÉOPHILE GAUTIER
Arria Marcella, 1852



Non lo so con certezza
Jaime Sabines




Non lo so con certezza, ma immagino
che una donna e un uomo
un giorno si innamorano,
rimangono soli poco a poco,
qualcosa nei loro cuori dice loro che sono soli,
soli sulla terra si penetrano,
vanno uccidendosi l'un l'altro
Tutto accade in silenzio. Come
si forma la luce dentro l'occhio.
L'amore unisce corpi.
In silenzio vanno riempiendosi l'un l'altro.

Un giorno si svegliano, sopra le loro braccia.
Pensano allora che sanno tutto.
Si vedono nudi e sanno tutto.

(Non lo so con certezza. Lo immagino)






TESAURO GIOVANNI "Amplesso"  olio su tela

lunedì 22 agosto 2005

I bambini erano sempre particolarmente ubbidienti il mese di agosto, specie quando si avvicinava il ventitré. Era in quel giorno che la grande astronave argentea, che trasportava lo zoo interplanetario del professor Hugo, scendeva per la sua visita annuale all'area di Chicago.

Già prima dell'alba una gran folla era raccolta davanti allo spazioporto, formando lunghe file di grandi e piccini, ciascuno con il suo dollaro stretto in mano, in attesa di scoprire che stravaganti creature avrebbe quell'anno portato il professore.

Negli anni precedenti erano andati in estasi davanti alle creature con tre gambe di Venere, agli alti, sottili indigeni di Marte, e persino a certi orribili esseri sauriformi, provenienti da un mondo più remoto. Quell'anno, quando il grande scafo rotondo si posò dolcemente al suolo, nell'enorme area di posteggio appena fuori Chicago, tutti tennero gli occhi fissi, pieni di timore reverenziale, finché le fiancate scorsero lentamente verso l'alto, rivelando le gabbie ormai familiari.


EDWARD D. HOCH Zoo, 1958



Ormai no
Idea Vilariño

Ormai non sarà
ormai no
non vivremo uniti
non alleverò tuo figlio
non cucirò i tuoi vestiti
non ti possederò di notte
non ti bacerò prima di uscire.
Non saprai mai chi sono stata
perchè altri mi amarono.
Non riuscirò mai a sapere perché né come
né se era vero
quello che dicesti che era
né chi sei stato
né cosa sono stata per te
né come sarebbe stato
vivere uniti
amarci
aspettarci
rimanere.
Ormai non sono altro che io
per sempre e tu ormai
per me non sarai che tu. Ormai non sei
in un giorno futuro
non saprò dove vivi
con chi
né se ti ricordi.
Non mi abbraccerai mai
come questa notte
mai.
Non potrò più toccarti.
Non ti vedrò morire.



Questo pomeriggio si rientra a lavoro....
Il tempo è adatto, visto che è nuvoloso e la temperatura è calata.
In effetti però la libreria, i libri e i clienti abituali mi mancano e tre settimane di ferie estive sono sufficenti.





Così arrivò il ventidue di agosto e così vennero le tre Notti di Ferro.


 La prima Notte di Ferro.

Alle nove il sole tramonta. Sopra la terra si stende un'ombra opaca, si vedono alcune stelle e, due ore dopo, appare un barlume di luna. Col fucile e col cane me ne vado nel bosco, accendo un focherello e il bagliore della fiamma si insinua fra i tronchi dei pini. Non c'è brina.

La prima Notte di Ferro! dico fra me. E una gioia violenta per il tempo e il luogo mi confonde e mi scuote stranamente...

Un evviva a voi, uomini e animali e uccelli, per la notte solitaria nelle foreste, nelle foreste! [...]

Un ringraziamento per la notte deserta, pei monti, per il fruscio della tenebra e del mare che mi romba nel cuore! Un ringraziamento per la mia vita, per il mio respiro, per la grazia di poter vivere questa notte. Di ciò ringrazio con tutto il cuore. Ascolta verso oriente, ascolta verso occidente, ascolta! E l'Eterno Iddio! Questo silenzio che mi ronza negli orecchi è il sangue bollente dell'universo, è Dio che tesse la trama della terra e di me stesso.


KNUT HAMSUN Pan, 1894







domenica 21 agosto 2005

Anima fragile
Vasco Rossi

E tu
chissà dove sei
anima fragile
che mi ascoltavi immobile
ma senza ridere.
E ora tu chissà
chissà dove sei
avrai trovato amore
o come me, cerchi soltanto d'avventure
perché non vuoi più piangere!
E la vita continua
anche senza di noi
che siamo lontano ormai
da tutte quelle situazioni che ci univano
da tutte quelle piccole emozioni che bastavano
da tutte quelle situazioni che non tornano mai!
Perché col tempo cambia tutto lo sai
cambiamo anche noi
e cambiamo anche noi
e cambiamo anche noi!
e cambiamo anche noi!



Toccare
Octavio Paz



Le mie mani

aprono la cortina del tuo essere

ti vestono con altra nudità

scoprono i corpi del tuo corpo

le mie mani

inventano un altro corpo al tuo corpo.



Il sole tramontava, continuava

Emily  Dickinson



Il sole tramontava, continuava
a tramontare,e io non percepivo
sul villaggio i colori della sera,
di casa in casa era mezzogiorno.

Il giorno si attenuava, continuava
ad attenuarsi, non c'era rugiada
sull'erba: si posava sulla fronte
e poi mi si spargeva sopra il viso.

Dormivano i miei piedi, continuavano
a dormire, ma le dita eran sveglie,
e tuttavia, perchè un così lieve
suono veniva dalla mia sembianza?

Conoscevo bene la luce, prima,
e non la posso più vedere adesso.
Questo è morire, e io sto morendo
ma non ho paura di saperlo.





Presa in consegna dal "braccio secolare", Antonia fu trasferita, il 21 agosto, nella Torre dei Paratici che era l'antica torre del Broletto, cioè del palazzo del Comune di Novara prima che questo si riducesse ad essere com'è ora: soffocato dagli edifici che gli sono cresciuti addosso nel corso dei secoli, e senza torre. All'epoca della nostra storia, invece, il Broletto era un palazzo indipendente, attorno a cui correvano le strade; e la Torre dei Paratici, che s'alzava a sud, nella sua parte superiore era una prigione... aerea, di due stanze sovrapposte e raggiungibili per mezzo di una scala esterna, piuttosto ardimentosa. Speciali immagini devote, in quelle due stanze, avevano il compito di redimere i detenuti. Al piano superiore, destinato alle donne, era dipinto un Cristo Morto in braccio alla Madonna, mentre al piano di sotto, dov'erano tenuti prigionieri gli uomini, c'era il patrono dei carcerati, San Leonardo: entrambi gli affreschi, però, erano ricoperti di nomi, date, graffiti osceni, ed entrambi si vedevano poco, perché non c'erano finestre in quelle due stanze, soltanto feritoie che d'inverno venivano chiuse con la paglia, e allora buonanotte!


SEBASTIANO VASSALLI

La chimera, 1990




Novara - Il Broletto

Oggi è l'ultimo giorno di ferie....





sabato 20 agosto 2005

Il dì 20 di agosto del 1849 all'una e mezza del pomeriggio l'Austria doveva essere distrutta: così era stato deciso nel "Circolo della pistola". Non so più neanche di che cosa si fosse resa colpevole l'Austria allora, ma posso affermare senza il minimo dubbio che la decisione era stata presa dopo matura riflessione. Non c'era ormai niente da fare, la cosa era stata deliberata e giurata e l'esecuzione era stata affidata alle mani esperte di Jan Zizka da Trocnov, di Prokop Holy di Prokupek e di Mikulas da Husi, ossia a me, a Peppino Rumpal, il figlio del salumaio, a Cecchino Mastny, il figlio del calzolaio, e a Tonino Hochmann, quello che veniva dai dintorni di Rakovnik e studiava a spese del fratello, contadino benestante. [...]

Racconto con perfetta sincerità: mi sentivo proprio male. Veramente un certo malessere mi serpeggiava in corpo già da parecchi giorni e cresceva in proporzione di quanto si avvicinava il 20 di agosto.


JAN NERUDA
Come fu..., 1878






... mattino...





venerdì 19 agosto 2005

Questa l'ho trovata oggi nella mia e-mail


Mi sembra carina e ve la propongo




C'era una volta una coppia con un figlio di 12 anni e


un asino. Decisero di viaggiare, di lavorare e di


conoscere il mondo. Così partirono tutti e tre con il


loro asino.


Arrivati nel primo paese, la gente


commentava: "guardate quel ragazzo quanto è


maleducato...lui sull'asino e i poveri genitori, già


anziani, che lo tirano" Allora la moglie disse a suo


marito: "non permettiamo che la gente parli male di


nostro figlio." Il marito lo fece scendere e salì


sull'asino.


 


Arrivati al secondo paese, la gente


mormorava: "guardate che svergognato quel


tipo...lascia che il ragazzo e la povera moglie tirino


l'asino, mentre lui vi sta comodamente in groppa."


Allora, presero la decisione di far salire la moglie,


mentre padre e figlio tenevano le redini per tirare


l'asino.


 


Arrivati al terzo paese, la gente


commentava: "pover'uomo! dopo aver lavorato tutto


il giorno, lascia che la moglie salga sull'asino. e


povero figlio. chissà cosa gli spetta, con una madre


del genere! Allora si misero d'accordo e decisero di


sedersi tutti e tre sull'asino per cominciare


nuovamente il pellegrinaggio.


 


Arrivati al paese successivo, ascoltarono cosa diceva


la gente del paese: sono delle bestie, più bestie


dell'asino che li porta. gli spaccheranno la schiena!


alla fine, decisero di scendere tutti e camminare


insieme all'asino. ma, passando per il paese


seguente, non potevano credere a ciò che le voci


dicevano ridendo: guarda quei tre idioti;


camminano, anche se hanno un asino che potrebbe


portarli!


 


Conclusione: ti criticheranno sempre, parleranno


male di te e sarà difficile che incontri qualcuno al


quale tu possa andare bene come sei.


 


quindi: vivi come credi. fai cosa ti dice il cuore...ciò


che vuoi...una vita è un'opera di teatro che non ha


prove iniziali.


quindi: canta, ridi, balla, ama...e vivi intensamente


ogni momento della tua vita...prima che cali il


sipario e l'opera finisca senza applausi.


(Charlie Chaplin)


19 agosto 17**



Ieri lo straniero mi ha detto: «Avrete senz'altro capito, capitan Walton, che ho sofferto grandi e incomparabili disgrazie. In un primo tempo ero determinato a portare la memoria di questi dolori nella tomba; ma voi mi avete convinto a mutare proposito. Voi cercate sapienza e saggezza, come anch'io ho fatto un giorno; spero ardentemente che l'esaudimento dei vostri desideri non si trasformi in un serpente che vi aggredisca, come è accaduto per me». [...] Aggiunse che avrebbe iniziato il racconto il giorno successivo, quando fossi stato libero. Lo ringraziai con calore. Ho deciso di registrare ogni sera, quando i miei doveri non mi reclamano imperiosamente, ciò che mi narra durante il giorno, riportando per quanto possibile le sue stesse parole. Se sarò troppo impegnato, ne prenderò almeno degli appunti. Il manoscritto ti darà sicuramente grande piacere; ma anch'io, che lo ascolto dalle sue stesse labbra, con quale interesse e affetto lo rileggerò un giorno, nel futuro! Già ora, all'inizio di questo compito, la sua voce ben modulata mi risuona all'orecchio; i suoi occhi lucidi si fissano su di me, con dolce malinconia.



MARY SHELLEY

Frankenstein, 1818




Corsica tramonto 1989





by Franco 1989

giovedì 18 agosto 2005

«Ecco qui. Il 18 agosto, capisci, è il 18 agosto 1936... C'è una piccola stazione, come quella di Grafenegg, la vedi? con due aiuole erbose, fiori smaglianti, una panchina, una lampisteria eccetera, e il campanello che suona e suona senza posa... Là c'è Philipp, ora e per sempre... Forse è addirittura capostazione... E noi, invece, saliamo sul treno e lo salutiamo, e anche lui fa un cenno di saluto, molto dignitoso, lo conosci, no? e agita la sua paletta... la locomotiva fischia, il treno parte, e noi salutiamo, salutiamo, ma Philipp rimane là e diventa sempre più piccolo... Lo vediamo ancora un po'' davanti alla sua stazione, che si chiama "18 agosto 1936"... e noi siamo al finestrino dell'ultimo vagone, e dietro i binari affondano nel terreno e scompaiono, e non ce ne accorgiamo... Capisci, Theo, che cos'è quella piccola stazione? E Philipp non può più muoversi dal 18 agosto, mentre noi non possiamo più ripassare da questo 18 agosto; e così non ci troveremo più, mai più, perché neppure il cosiddetto cielo può farci nulla...»


FRANZ WERFEL

Il cielo diviso, 1938


Come hanno fatto a me
Carlos Varela

Ti racconteranno la storia
e col passare del tempo
ti benderanno gli occhi,
come hanno fatto a me.

Ti mostreranno l’ascia
e passato un po’ di tempo
ti nasconderanno l’albero,
come hanno fatto a me.

Non ti serve a nulla sapere la verità
e avere ragione,
se quando gridi sai che
non ti ascoltano più.

Ti chiederanno di giurare
ti chiederanno di marciare
ti chiederanno le stesse cose
come hanno fatto a me.

Diranno che è tutto tuo
e se tenti di cambiarlo
ti pesteranno più forte
come hanno fatto a me.

Non ti serve a nulla sapere la verità
e avere ragione,
se quando gridi sai che
non ti ascoltano più.

Ti racconteranno la storia
e col passare del tempo
ti benderanno gli occhi,
come hanno fatto a me.